di Maria
Bellissimo, l’incipit! Perchè l’Autrice
campana (che al suo esordio si misura con una sfida difficile, quella
di aver scelto un io narrante maschile), dimostra un sicuro possesso
della penna, allorché riesce a creare nel primo capitolo l’atmosfera
sofferta e silenziosa che avvolge un letto d’ospedale, il ritmo sommesso
del tempo che goccia inesorabile come una clessidra, infine il
contrasto stridente tra i silenzi e il vento, il mondo di dentro e di
fuori, che si confondono. Ma nel secondo capitolo, con un balzo
repentino, sa cambiare registro, stile e atmosfera e ci catapulta negli
antichi cortili, festanti di grida, di giochi, conte e battimani in
vernacolo. Sa creare atmosfere diverse destreggiando meravigliosamente
le pause e i silenzi che danno il ritmo giusto alla narrazione e la
sanno rendere cinematografica.
La climax è una VERA CLIMAX: è la cronistoria della tragica alluvione
del 1998 che affondò Sarno. Lì l’Autrice dà ancora il meglio di sè, come
può farlo solo chi ha visto con i suoi occhi una gigantesca catastrofe.
Il finale è scenografico: l’opera si chiude nei cortili, a chiasmo: la
narrazione ha coperto oltre un secolo di storia. Tutto è cambiato, i
giochi sono cambiati. Però... si gioca ancora!
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