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venerdì 10 febbraio 2017

TENEREZZA INFINITA di S. D'Alessio

Camilla ha tirato la coperta tutta dal suo lato. Ha freddo. Si gira a guardare suo marito: sul comodino di lui, al chiarore vacuo del lumicino notturno, biancheggia una pillola. Ecco, ha dimenticato nuovamente di prenderla! La sera crolla guardando la tv e se ne scorda.
 Sta russando profondamente. Non le dà fastidio. Ormai ci è abituata. Sono cinquanta anni di vita insieme. Lei aveva solo sedici anni quando lui la prese per la prima volta. Era un ventenne forte e risoluto, Alberto. Le era piaciuto per la simpatia. Quanto la faceva ridere! Serate intere a ridere e gioire, correre, chiacchierare.
Di lui conosce ogni più piccolo particolare; ogni pensiero recondito, sa leggere. E lui di lei, ogni più piccolissimo odore nascosto, ogni neo, ogni ruga.
Alberto russa, con la bocca spalancata e il capo reclinato all’indietro. Emette un sibilo intermittente, mentre la pancia va su e giù. Lo guarda, Camilla. Beato lui, pensa. Lei invece è insonne. E la vescica è piena. Si alza per andare in bagno. Prende la piccola torcia sul comodino per farsi luce. Tanto ogni notte è così. Si mette sulle spalle la lisesa di lana che lei stessa ha fatto con i ferri. A passetti piccoli va in bagno. Quando torna, suo marito è desto.
-          - Ti ho svegliato… mi spiace…
-      -     Mi hai lasciato senza coperta… - risponde lui, ironico.
La tira a sé dolcemente, risistemando il piumone.
 È bello stare stretti stretti, avvolti a cucchiaio. La testa di lui affonda nella chioma canuta e morbida di lei. Nel suo odore di gattino bagnato.  Tiene le mani avvinghiate al bacino ossuto della consorte, Alberto. Gioca coi piedi di Camilla. Gli è sempre piaciuto sentire quei piccolissimi piedi ghiacciati. Strofinarci i propri.
Con una mano le accarezza i capelli e le soffia sul collo.
-          - Ho freddo, Albe’ – sussurra lei strofinando di rimando i suoi piedi con quelli del marito, nodosi e duri. Ma lui è un termosifone. Il calore del suo corpo è già arrivato a scaldarla.
 Il marito gioca con la bocca sul collo di lei. E una mano s’intrufola sotto la maglia del pigiama a cercare i capezzoli. Trova un’altra maglia, e poi un’altra ancora.
Si ritrae, lei, appena un pochino. È l’effetto del pudore. Dopo tanti anni non le è ancora passato. Fanno l’amore così, al buio. Senza fretta, senza più la passione in corsa. Alberto quasi nudo, lei mezza imbacuccata nella lana. Ci ha provato lui a chiedere di più, ma poi si è arreso. Sua moglie è così. Mette una specie di muro, si irrigidisce. A volte ha paura di farsi male.  Lui ha imparato ad essere delicato, lento, attento.
 Lo ha educato lei all’amore.
Quando fanno sesso hanno nella mente il ricordo dei loro anni ruggenti, il furore, l’ardore, le sperimentazioni rubate. Quelle che Alberto riusciva a strappare alla moglie pudica, dopo tante insistenze.
 Piccole grandi cose intime.
 Ora è diverso. Fanno l’amore senza urgenza. Sopita è la furia ormonale; la foga dei baci a morsi è un lontano ricordo.
 La notte è lunghissima, nessuna sveglia li tirerà giù dal letto.
Si amano con lentezza infinita, indugiando nei gesti, nelle lunghe carezze.

Sì, lo ha educato lei all’amore, ha vinto lei: è tenerezza infinita….



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