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domenica 16 settembre 2012

PREMIO ALBOSCUOLE 2012 AL GIORNALE L'AMENDOLINA

https://www.facebook.com/mikync?sk=wall#!/notes/sonia-dalessio/otto-candeline-per-lamendolina/10151044877904623

Questa, oggi, è per me una festa bellissima. Avere tra le mani questo giornale, vedere il lavoro prodotto dai nostri alunni è per me motivo di vanto e orgoglio, ma è anche provare la stessa commozione di quando li vedevo imparare a sillabare, nei miei anni alle Elementari!
Il giornale dell’ Amendola oggi compie otto anni. Anche se le versioni che hanno visto la stampa sono solo cinque.
L’ Amendolina non è uno scherzo se si pensa che facciamo parte di una community giornalistica nazionale e gestiamo sulla piattaforma una pagina web tutta nostra, che ha raggiunto i 33.400 visitatori da tutta Italia. Oltre al giornale web e cartaceo, i piccoli redattori AMENDOLINI hanno ognuno il proprio blog personale, su cui postare pensieri e ricevere commenti. Possono pubblicare foto, video, immagini, musiche e interagire con le testate scolastiche di tutto lo Stivale. Spesso nascono belle amicizie. Una fortuna! Perché sappiamo che la parola veicola idee, valori, emozioni. Io, soprattutto, sono fortunata: se vedo che i miei alunni stanno imparando qualcosa, ma nemmeno se ne accorgono, tanto sono presi dalla passione e dal divertimento, dalla gioia di stare assieme e dall’interesse verso le nuove tecnologie, che il giornalismo usa tutte, beh, se vedo questo, sorrido, pensando che l’obiettivo è raggiunto!
Sonia D’Alessio (articolo del 7 giugno 2012)

giovedì 6 settembre 2012

Cielo azzurro

Ero verde e senz'ansia
tranquilla sul mio ramo
a bere un po' di sole.
 
E il tempo mi lasciò giocare,
 i miei desideri galoppando
dietro nuvole gioiose.
Le mani affondavano
frai chicchi nei granai
e la lingua giocava
con una melagrana.

 Oh... ma il cuore è ancora lungo,
l'orizzonte lontano,
e il cielo azzurro sopra di me
canta un chicchirichì al mattino.
Sonia
 

Alcuni commenti a LASCIA CHE SIA




 

RINGRAZIO I LETTORI PER I LORO COMMENTI


1 - Prosa allo stato puro
L’amore per la propria terra è pari alla passione per la scrittura. un amore che cresce con le vicende storiche di un paese che ha segnato interiormente tante persone. brava.
- Michele 4-9-2012
 
2 - DI GUSTO
Ciò che colpisce è la prosa tanto fluida, la cura lessicale, il tono. Il romanzo è avvolto in un senso di quiete, si respira la calma interiore... Un romanzo che andrà lontano...
- 31-8-2012
 
3 - Bello!
Una prosa che scorre elegante e raffinata a creare atmosfere e ritmo. Gli occhi pieni di ricordi sanno raccontare e ci conducono nei meandri dell’animo umano. Molto cinematografico, complimenti!
- Lisa Manzo, giovedì 23 agosto 2012
 
4- Per l’argomento questo libro mi ricorda "Paula" di Isabel Allende; anche là c’è una figlia in coma ed una madre che, vegliandola cerca di tenerle viva la mente attingendo ai suoi ricordi e sperando di riportarla alla vita. "Lascia che sia" racconta di un padre nella stessa situazione; credo che il vero soggetto di questo libro sia L’AMORE: per l’infanzia, per la terra, per le dolcezze e anche forse, per i tradimenti della vita, perchè tutto è vita, anche il dolore. Colta, elegante e struggente la prosa di questa scrittrice.
- AnnaLuisa Nike, domenica 19 agosto 2012

5 - Lascia che sia
Un romanzo intenso e commovente che sottolinea un aspetto importante: l\'attenzione rivolta verso l\'animo umano, il suo sentire, i pensieri - cupi o felici - che lo agitano. Un padre a confronto con se stesso, con le proprie paure e manie, con quelle riflessioni irrazionali fatte esclusivamente tra sé e sé e che non si confiderebbero mai a nessuno. Bello!
- Luigi Pepe, giovedì 9 agosto 2012
 
6 - Struggente, drammatico, intenso scritto che fa scendere le lacrime e rabbrividire ... Bello, fluido, si sente il tuo amore, la tua parola è armonia di suoni.... Brava !
- di Fabia Petrella e Stefania Pucci
 
7 - L’incomunicabilità tra un padre e una figlia si scioglie nel silenzio...nel silenzio del coma, che diventa teatro di emozioni, ricordi, ricerca di senso. Intenso e commovente.
- Emanuela Baldassarri, martedì 7 agosto 2012

8 - UN LIBRO ELEGIACO, OMAGGIO APPASSIONATO AL PAESE NATALE DELL’AUTRICE E TUFFO NELLO STRUGGENTE ABBRACCIO DI STAGIONI CHE SCORREVANO DOLCI SU DI NOI. UNA NARRAZIONE PRECISA, DOCUMENTATA E PER NIENTE ASETTICA. SCANDITA DA FATTI E STORIE DI UN’ITALIA CAPACE DI ASPREZZE TERRIBILI E DI CAREZZE INSOSPETTABILI. FORSE NON MIGLIORE DI QUELLA ODIERNA, MA DI CERTO PIU’ SINCERA E PASSIONALE. PULSANTE DEL SANGUE DI PERSONE DEDITE A COSTRUIRE UN FUTURO PER SE E PER GLI ALTRI. UN FUTURO CHE SI E’ CONCRETIZZATO SOLO IN PARTE... E PER QUESTO, E’ MEGLIO LASCIARE CHE SIA.
- di Alessio Baroni
 
9 - Romanzo drammatico ed emozionante ben descritto pieno di interiorita’e di sentimenti.
- Maria, domenica 5 agosto 2012
 
10 - Lascia che sia
Molto bella questa anteprima, l\'autrice descrive abilmente il dolore di un padre che deve raggiungere in ospedale sua figlia che è in coma dopo un incidente. Con i suoi ricordi apre un dialogo spirituale con sua figlia e come si legge " per donarmi a te come nutrimento di vita. Ascoltami " Mi ha commosso e mi è piaciuto molto.
- Cinzia, domenica 5 agosto 2012
 
11 - Lascia che sia
È un’opera semplicemente Geniale.... Ma, come ti ho scritto, sono riuscito a scaricarlo per la recensione quindi, rimando lì ogni discussione. Brava!
- Fulvio Santarpino, domenica 5 agosto 2012
 
12 - LASCIA CHE SIA
Il primo racconto mi ha stesa. troppo recente la mia esperienza in ospedale con mio figlio disabile, troppo traumatica, difficile da assimilare. Meno male che è arrivato il secondo racconto che narra di ragazzini che giocano e parlano in dialetto, chiedendo alla mamma di calare dalla finestra il cestino con dentro dei noccioli. Bello.
- Maria Teresa Albanelli, giovedì 2 agosto 2012
 
13 - Lascia che sia
Una prosa ricca, coivolgente, matura, per raccontare il dolore che ci pone impietosamente di fronte a noi stessi. E’ il bilancio di una vita, e insieme la riscoperta dei valori essenziali che ne sono guida. Bravissima, hai una capacità di indagine dei sentimenti superlativa!
- di Marina Ottavi 
 
14 - BRAVA
Affascinante, questo è l’aggettivo che mi viene alla mente dopo aver letto l’anteprima del tuo libro....COMPLIMENTI
- di Paolo Malaman 

ANCORA RECENSIONI! Un sicuro possesso della penna: Una climax strepitosa


di Maria
 
Bellissimo, l’incipit! Perchè l’Autrice campana (che al suo esordio  si misura con una sfida difficile, quella di aver scelto un io narrante maschile), dimostra un sicuro possesso della penna, allorché riesce a creare nel primo capitolo l’atmosfera sofferta e silenziosa che avvolge un letto d’ospedale, il ritmo sommesso del tempo che goccia inesorabile come una clessidra, infine il contrasto stridente tra i silenzi e il vento, il mondo di dentro e di fuori, che si confondono. Ma nel secondo capitolo, con un balzo repentino, sa cambiare registro, stile e atmosfera e ci catapulta negli antichi cortili, festanti di grida, di giochi, conte e battimani in vernacolo. Sa creare atmosfere diverse destreggiando meravigliosamente le pause e i silenzi che danno il ritmo giusto alla  narrazione e la sanno rendere cinematografica. La climax  è una VERA CLIMAX: è la cronistoria della tragica alluvione del 1998 che affondò Sarno. Lì l’Autrice dà ancora il meglio di sè, come può farlo solo chi ha visto con i suoi occhi una gigantesca catastrofe.  Il finale è scenografico: l’opera si chiude nei cortili, a chiasmo: la narrazione ha coperto oltre un secolo di storia. Tutto è cambiato, i giochi sono cambiati. Però... si gioca ancora! 
 

Lascia che sia


L’indiscusso talento di Sonia D’Alessio passa attraverso il passionale amore per la sua terra,Sarno. Città amata nei suoi difetti, nei suoi drammi che non impediscono di vivere forti sentimenti fatti di piccole cose che nutrono l’animo umano fin nel profondo. La tragicità,  contenuta nel racconto, si sviluppa e divincola di continuo in intarsi di pregevole fattura. E’ vita reale che scivola attraverso gli echi dei ricordi in un caos lento che attrae l’attenzione del lettore come se gli scenari descritti  si sviluppino dinanzi ai propri occhi. Il racconto è descritto in un linguaggio classicheggiante che delizia la mente come una carezza. Gli intarsi poetici, sono pura emozione che divampa nell’animo: "a bottàmano e bottàncielo" - uno scorcio paesaggistico che mette duramente alla prova il più talentuoso dei caratteristi pittorici. Un angolo colmo di energia come solo i bambini sono in grado di riempire. "Dolceculla" - una poesia lasciata su un tovagliolo di bar al futuro marito la prima volta che i 2 protagonisti si incontrano carnalmente. “Alito di vita” – Un addio. Il doloroso istante del distacco che sa di speranza mentre le sensazioni forti provate per il proprio amato sembra si imprimanoo sulla pelle dei due mentre il treno li separa nella suggestiva immagine di lui che vede lei dal finestrino del treno “diventare piccolissima”. Verrebbe voglia di citare tutti gli intermezzi poetici perché tutti sono di immenso valore: le voci dei venditori del mercato, i racconti della nonna e tutti i ricordi che si suseguono nell’estenuante attesa di conoscere l’esito dell’operazione chirurgica a cui è stata sottoposta la loro bambina. Vorrei che questa recensione possa respirare l’intensità di quest’opera attraverso le sue stesse parole: “Declina piano nelle nebbie impalpabili la vita perdendo ogni petalo a gocce e lente scintille”. Tanti complimenti Sonia!  

Un incanto in prosa, una magnifica ambientazione

di Lucia Adinolfi

Non sembra di trovarsi di fronte a una esordiente leggendo Lascia che sia! L’incipit è atmosfera: la scelta dei termini riesce a creare silenzi e vento, proprio come l’animo del protagonista, Michele, posto di fronte al dolore di veder morire la figlia. Il suo cuore stende un tappeto di parole e rose per accompagnare la ragazza verso il mondo di là. Il racconto è una musica ora struggente ora lieta, le cui note sono rappresentate dai ricordi, "l’acqua del narrare" li chiama la D’Alessio, impegnata a "traghettare i moti dell’anima". L’autrice campana dipinge con brio gli antichi giochi nei cortili: le conte, le filastrocche, i battimani, a mamma a zompà ncuollo, lo scuoppo delle figurine...Sembra un film del Neorealismo. L’ambientazione magnifica di questo romanzo spazierà dal 1893 al 2012, dalle foto in bianco e nero a quelle a colori, dipingendo lo scenario della cittadina di Sarno, ricca di folklore (quello dei riti carnascialeschi o della Quaresima, della tammurriata o dell’albero della cuccagna) ma che ha conosciuto tutte le tragedie: il colera, la guerra e la conseguente povertà, l’eruzione del Vesuvio del ’44, il terremoto dell’80 e soprattutto l’alluvione del 1998.Le pagine sull’alluvione, da sole, valgono già il dieci a questo lavoro, che merita l’attenzione degli editori e, perché no, del cinema. Complimenti vivissimi!http://ilmiolibro.kataweb.it/reader_dettaglio_recensione.asp?id_recensione=4250

Recensione di Maria Teresa Albanelli

http://ilmiolibro.kataweb.it/reader_dettaglio_recensione.asp?id_recensione=3918&sez=lamiabiblioteca

Inforcate gli occhiali 3D, di Lisa Manzo

Lascia che sia è un viaggio attraverso i ricordi, il dolore individuale e universale, un viaggio attraverso se stessi. Meta: l’accettazione di sé: let it be, concetto più volte rimarcato nel romanzo. E’ ambientato a Sarno, di cui narra la storia di cinque generazioni nell’arco temporale di oltre un secolo. La tensione narrativa trova il suo culmine nella descrizione della tragica alluvione del 1998 che fece sprofondare il paese sotto tonnellate di fango. L’Autrice sa portarci sui luoghi per mano, tratteggiando in 3D le scene della catastrofe: "Anche la maestra Margherita fu pescata dal fango morta. L’alluvione prima e poi le ruspe avevano violato il suo pudore e la sua intimità: aveva un seno scoperto, piccolo e nero di melma, i capelli bagnati e sciolti che non avrei mai immaginato tanto lunghi, la bocca digrignata in una smorfia orribile; una sola scarpa, quel mocassino ortopedico con frangia, di cui noi ragazzi avevamo sempre riso..." E poi: " Sul fango nero, che ora si era fermato, galleggiavano le cose addormentate per sempre: qui il corredo di una ragazza prossima sposa, lì una culla e un passeggino, un vasino di bimbo a forma di ippopotamo, più in là lenzuola del lettino. Una scarpetta. Una macchina per cucire, le fotografie di una sposa.Gli oggetti riaffioravano dal fango e insieme a loro il ricordo di una terra felice. Ma quale terra? Era stata stravolta la geografia dei luoghi! Scomparsa, la memoria topografica, i punti di riferimento." Che dire? La pelle d’oca... Prosa lirica ma scorrevole, personaggi particolari ma umani, ritmo narrativo dinamico e arioso. Dieci e lode a questo esordio!

Intorno a te i suoni sono attenuati e sparsi, leggeri più dell’aria


UNA BELLA RECENSIONE AL MIO LIBRO! Ringrazio pubblicamente Fabrizio Ago (che non conosco) per le belle e buone parole...

http://ilmiolibro.kataweb.it/reader_dettaglio_recensione.asp?id_recensione=4148

 

La processione dei PAPUTI a Sarno
Coinvolgente questo romanzo di Sonia d’Alessio, scritto con voce suadente e una prosa pacata e sicura. Arricchito poi da belle poesie, di straordinaria liricità. Vi si narra di Michele, che da anni ha lasciato l’Italia e lavora come giornalista a New York. Un brutto giorno gli arriva una telefonata. Sua figlia Letizia ha avuto un terribile incidente. Il marito è morto, lei è gravissima, mentre la figlioletta di 4 anni per fortuna non era in auto con loro. Lui si precipita a Sarno e vi arriva che la giovane sta uscendo dalla sala operatoria. Il medico gli spiega la gravità della prognosi. Lui allora si mette dietro il piccolo oblò che lo separa da lei, liscia quella porta, non se ne stacca; immagina che le sue dita sfiorino il volto di lei, le sue ciglia, le efelidi sul suo bel viso. Sente che sta per impazzire dallo struggimento di non poterla raggiungere. Cerca allora tutti i modi per starle vicino e le parla; forse qualcosa lei riesce a sentire. Così va ai ricordi. Resuscita eventi addormentati e persi nell’oblio del tempo. La d’Alessio ci regala allora delicate immagini di una Sarno che fu. Le usa anche per alleggerire il peso di quella triste storia. In fondo tutta la narrazione è per lei scusa per riandare, con nostalgia, a ricordare luoghi, eventi, oggetti che hanno segnato la storia di costume e società di quella che fu la sua città. Ci porta ai giochi da ragazzi di un tempo, ma anche all’immagine del forno dove si cuoceva il pane, al casottino con il servizio igienico, unico per cinque famiglie. Alla processione con la Madonna all’Immacolata ed alle donne che esponevano ai balconi le lenzuola del corredo. Ma soprattutto al fiume, il Sarno, bello e pulito ed in cui ci si poteva tuffare. In lontananza, pacifico, il profilo del Vesuvio, che sembrava una donna dormiente e, dietro di lui, il campanile di Pompei e poi Capri. Ma a Sarno vi sono anche due terribili eventi che incombono in quegli anni e che scandiscono la vita di Michele. Prima il terremoto del 1980 e poi l’alluvione del 1998. Lui si è fatto un bel giovanotto e nella confusione del post terremoto, con gli sfollati e le famiglie disperse, ha una notte d’amore e di passione con Maya, una ragazza mezza zingara. Non dà troppo peso a quei momenti. E’ abituato ad avere sempre donne e ragazze ai suoi piedi. Così grazie all’interessamento del padre, che vuole anche allontanarlo da Sarno, viene mandato come corrispondente del Mattino negli Stati Uniti, dove si fa una nuova vita. Dopo molti anni, per caso, un amico lo informa che Maya, di cui si era completamente dimenticato, era rimasta incinta in quella famosa notte ed ora ha una figlia, Letizia, già di quattordici anni, che ha allevata da sola. Per un breve periodo allora lui torna in Italia e si comprende che vorrebbe fare il padre, recuperare gli anni perduti. Ma non ne ha forza sufficiente. Con Maya intrattiene invece un rapporto sempre molto sfumato, anche se la passione si riaffaccia a tratti. Complice l’alluvione, Michele finisce quindi per tornarsene a New York, al suo giornale ed ai suoi mille amori americani. Poi quella terribile telefonata. Solo allora comprende quanto poco abbia fatto per Letizia e finalmente prova un forte desiderio di riscattarsi. Il resto ed il finale, che siamo certi sarà ben apprezzato dai lettori, lasciamo che siano loro stessi a scoprirlo. Grazie alla d’Alessio anche per quel suo caloroso abbraccio di commiato dai lettori, che lei chiama sue cavie. Veramente una bella ed avvincente lettura.