di Fulvio Santarpino
L’indiscusso talento di Sonia D’Alessio passa
attraverso il passionale amore per la sua terra,Sarno.
Città amata nei suoi difetti, nei suoi drammi che non impediscono di
vivere forti sentimenti fatti di piccole cose che nutrono l’animo umano
fin nel profondo.
La tragicità, contenuta nel racconto, si sviluppa e divincola di
continuo in intarsi di pregevole fattura.
E’ vita reale che scivola attraverso gli echi dei ricordi in un caos
lento che attrae l’attenzione del lettore come se gli scenari descritti
si sviluppino dinanzi ai propri occhi.
Il racconto è descritto in un linguaggio classicheggiante che delizia la
mente come una carezza.
Gli intarsi poetici, sono pura emozione che divampa nell’animo: "a
bottàmano e bottàncielo" - uno scorcio paesaggistico che mette duramente
alla prova il più talentuoso dei caratteristi pittorici. Un angolo
colmo di energia come solo i bambini sono in grado di riempire.
"Dolceculla" - una poesia lasciata su un tovagliolo di bar al futuro
marito la prima volta che i 2 protagonisti si incontrano carnalmente.
“Alito di vita” – Un addio. Il doloroso istante del distacco che sa di
speranza mentre le sensazioni forti provate per il proprio amato sembra
si imprimanoo sulla pelle dei due mentre il treno li separa nella
suggestiva immagine di lui che vede lei dal finestrino del treno
“diventare piccolissima”.
Verrebbe voglia di citare tutti gli intermezzi poetici perché tutti sono
di immenso valore: le voci dei venditori del mercato, i racconti della
nonna e tutti i ricordi che si suseguono nell’estenuante attesa di
conoscere l’esito dell’operazione chirurgica a cui è stata sottoposta la
loro bambina.
Vorrei che questa recensione possa respirare l’intensità di quest’opera
attraverso le sue stesse parole:
“Declina piano nelle nebbie impalpabili la vita perdendo ogni petalo a
gocce e lente scintille”.
Tanti complimenti Sonia!
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