La sessualità non è una parola
scabrosa, non è una cosa sporca, non è un peccato. E non è un film porno, non è
neppure il kamasutra, non è aprire le gambe, ansimare. Non è il piacere della carne,
non è un amplesso, non è un orgasmo. Non è banalmente tutto questo. No, non è
tanto poco, la sessualità! No, la
sessualità è tantissimo di più.
È una estensione della nostra
interiorità, un riflesso dell’emotività, una risposta alle nostre esigenze che
si sono lentamente sedimentate in noi a partire dall’infanzia; è una richiesta
della nostra mente. Essa trova tante strade, i sensi sono il volano su cui
viaggia. E allora una carezza che ci sfiora ci riporta alla mente qualcosa del
passato, un odore ci trasporta altrove, una musica, una voce nell’orecchio, un
fiato sul collo. Sono tutti starter con cui il sesso prende forma, per
collegarci al nostro io più profondo. E la mente centrifuga ricordi,
esperienze, traumi, sogni, desideri, speranze, paure. Li impasta in nuove
forme. Noi siamo tutto questo, la nostra sessualità è tutto questo. E ognuno
tira fuori dal cassetto dell’anima feticci e perversioni. Parole che incutono
terrore e diffidenza, che suggeriscono l’idea di qualcosa di deviato, di
strano, di peccaminoso e sbagliato, che non segue le norme convenzionali di
comportamento. Eppure c’è chi nel sesso ama essere apostrofato con nomignoli o
parolacce, essere preso di forza, sculacciato; c’è chi ama travestirsi, tradire
o essere tradito, farsi guardare da terze persone, farsi sentire dal condominio
mentre si urla nell’apice del piacere. C’è chi desidera la donna del suo amico,
chi vuole farlo con uno sconosciuto, chi lo fa in luoghi pubblici. Chi è
attratto dal suo capo, chi dal dottore, chi si eccita a guardare una persona in
divisa, chi pensa alla biancheria intima più strana, chi va nei siti porno, chi
nei privèè. Chi frequenta spiagge di nudisti, chi colleziona scatti osé e si fa
continuamente selfie spinti, chi ama il sesso virtuale al telefono, chi su
internet, chi vuol vedere la propria donna leccarsi con un’altra donna. Le perversioni
sono tenute segrete e a freno da molti, combattute mentalmente. Per i
coraggiosi invece a volte è un problema trovare l’anima gemella cui poterle
dichiarare, non si riesce a condividerli, i propri feticci. Talvolta capita che
a uno possa non piacere una cosa che la società ha stigmatizzato come scontata
e normale, invece ci sono uomini a cui non piace la penetrazione e donne a cui
non piace essere penetrate. E allora si finisce nel vortice della paura del
pregiudizio, dell’isolamento, di essere etichettati e giudicati diversi, da
scartare e mettere in un angolo.
Bisognerebbe riappacificarsi con la
propria sessualità, viverla con leggerezza e incanto, accompagnarla con il
gioco catartico e salvifico. Bisognerebbe accettare che la sessualità è la somma
dei nostri momenti di crescita, delle esperienze infantili, del rapporto con le
figure parentali, degli insuccessi e delle manie, delle ansie verso il futuro, delle
paure, del narcisismo e dell’angoscia. La sessualità, se vissuta con questa
consapevolezza, può essere l’ago della bilancia che mette d’accordo i mostri
che ci abitano dentro, che ci turbano. Accogliamoli questi mostri, ascoltiamone
la voce e le ragioni. Se si riesce a trovare la persona complice con cui
possiamo permetterci il lusso di gettare via la maschera, la sessualità diventa
una potentissima espressione del sé. Il mezzo di comunicazione che meglio di
tutti può essere la nostra valvola di sfogo. Condividere le proprie fantasie
con il sorriso sulle labbra, senza paure, senza ipocrisie, senza alcuna
vergogna significa vivere pienamente il proprio essere, esplorarsi fino in
fondo, conoscersi più profondamente. Nella sessualità, persino quando non si è
innamorati, c’è sempre un collegamento con l’amore. L’atto sessuale è la
fusione di due menti, l’incontro di due mondi sconfinati che travasano l’uno
nell’altro piccoli tasselli di sé. Si ha estremo bisogno di comunicare il sé agli
altri. La sessualità molti dovrebbero rivederla, spogliarla dei condizionamenti
di una cultura purtroppo poco laica. Ci hanno educato dicendoci che è peccato. E
ora è più difficile riscoprirla con gioia, imparare ad ascoltarne i bisogni, la
preghiera silenziosa. La nostra sessualità chiede di essere amata. Rinnegarla con
vergogna significa non accettare noi stessi, non cogliere la nostra essenza
vitale, significa non innaffiare il fiore che ci respira dentro.
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