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domenica 18 dicembre 2016

UNA STORIA DI NATALE (Dal mio romanzo-blog CUORE2.0 ed. Medusa)

Il signor Marvin si era alzato molto presto quel giorno, giacché doveva finire gli ultimi lavori e consegnarli prima del cenone di Natale. Era un ciabattino, Auguste Marvin. Viveva in un piccolo sobborgo londinese dove aveva un’unica stanzetta: casa e bottega. Più che di una casetta si trattava di una cantina sottoposta al livello della strada. I muri così umidi, coperti di muffe verdi. L’intonaco scrostato in molti punti, tanto che potevi intravedere i mattoni. Nell’aria, un pungente odore di colla, di cromatine, di pellami. Un odore che ti manteneva sveglio ma intontito.
Non era la vigilia di Natale per Marvin. Era un giorno qualsiasi. Niente cenone, niente riunioni familiari né pacchetti-regalo né passeggiate tra i negozi. Era un giorno lavorativo e basta. Eppure quella mattina c’era anche odore di Natale. Si spandeva mite per i vicoli, insieme alle note di una fisarmonica che qualcuno suonava. Ogni tanto il calzolaio sentiva persino il rumore di una moneta lanciata da qualche passante in segno di gradimento. Dalla finestrella a lume ingrediente, poteva riconoscere il Natale dal passo della gente: andavano tutti di corsa. Un corteo di scarpe. E il ciabattino le conosceva tutte: il farmacista era appena passato, con i suoi mezzi stivaletti di lucido nero. Marvin glieli aveva riparati già due volte. La portiera del palazzo di fronte, signora Rosa, aveva attraversato la strada con le sue ballerine larghe come barche e il cane volpino al guinzaglio. L’orologiaio del vicolo di fronte, il signor Hellington, camminava strascicando il passo, con le polacchine di camoscio color cammello. Tutti  correvano carichi di pacchetti.
Dalla finestrella Marvin poteva vedere pure due bidoni della mondezza. Il professor Land era andato già tre volte vicino alle due pattumiere: fingeva di buttare qualcosa ma ormai erano mesi, da quando sua moglie aveva voluto il divorzio, che lui cercava oggetti nei rifiuti.
Marvin tossì. L’aria umida non gli faceva di certo bene.
Guardò il suo albero in un angolo: glielo aveva portato la sera innanzi un certo signor Wolfe. Doveva essere polacco, dai tratti somatici. O giù di lì. Gli occhi immobili di un celeste freddo, la barba puntinata di grigio, un cappello di lana fin su alle sopracciglia, i piedi scalzi coperti con due buste di plastica. Aveva mostrato un biglietto, con su scritto con grafia elementare: “Sono muto. Non ho soldi. Possiedo però un abete bellissimo. Permettetemi di pagare con quello…”
Anche senza soldi, Marvin lo avrebbe accontentato, era un brav’uomo. Si trattava di rifare le suole a  un paio di stivali di cuoio rosso, completamente bucati sotto la pianta e senza tacco.
“Io me li ricordo questi cosi” aveva detto tra sé il ciabattino, osservandoli. “Li ho visti accanto al cassonetto dell’immondizia, ieri!”
Avevano un’aria così vissuta! Li aveva presi in consegna e non aveva detto nulla. Il polacco era ritornato dopo un’ora con un abete di media grandezza, tutto spennacchiato. Anche quello Marvin aveva riconosciuto: lo aveva visto la sera prima nel punto-rifiuti.  Il ciabattino aveva passato tutta la serata ad addobbarlo appendendoci scarpe: tutto ciò che possedeva.
Ora non era solo, aveva un albero bellissimo a fargli compagnia. Con scarpette che ciondolavano dai lacci annodati ai rami.
Il Nostro passò tutta la mattinata a lavorare agli stivali rossi; poi, finita l’opera, si stese su un piccolo pagliericcio a riposare e a cercare di calmare la fame.
Nel primo pomeriggio, arrivò il muto a ritirare gli stivali. Si tolse le buste di plastica che aveva, scoprendo due piedi infestati di piaghe e geloni. Si provò gli stivali. Sorrise con orgoglio: perfetti! Stese la mano al calzolaio, in segno di ringraziamento, e uscì in strada.
Marvin l‘osservò dalla finestrella. Camminava timidamente sotto il muro. Poi fu colpito dalla visione di due bambini che frugavano tra l’immondizia. Quello piccolo, vestito assai malamente, aveva trovato una scatoletta di pesce aperta: la leccò affamato. Ma non conteneva più nulla, era solo sporca di tonno. L’altro, assai lungo e con i capelli rossi, trovò una coscia di coniglio morsicata.
Marvin si ricordò che pure lui non aveva ancora toccato cibo. Sentiva un certo languorino allo stomaco. Così, allontanatisi i fanciulli, uscì alla chetichella e raggiunse i due bidoni dell’immondizia, situati proprio di fronte alla sua bottega. Frugò, non c’era proprio nulla. Poi fu colpito da una pallina di Natale, rotta. Era rossa, con uno smile disegnato in una espressione di tristezza. Marvin cominciò a frugare con maggior entusiasmo: avrebbe trovato il pezzo mancante e lo avrebbe incollato. E infatti la cosa andò così. E la pallina riparata fu appesa all’albero, insieme alle scarpe.

Era la notte del Bambinello e nel castello di Mago Merlino erano stati invitati tutti i maghi e le fate che esistono, per una tavola rotonda sul tema della povertà. Merlino aveva un progetto da presentare ai colleghi. Aveva invitato anche Babbo Natale e la Befana, iscritti pure loro all’albo mondiale dei maghi, da quando di recente era stata data loro la laurea ad honorem in scienze occulte e sortilegi.
<<Propongo di donare un po’ di polvere fatata o un tocco di bacchetta o di versare qualche filtro magico su tutti i cumuli d’immondizia delle grandi città. Per un giorno ci priveremo dei nostri poteri magici per trasferirli alle discariche, unico luogo frequentato dai poveri. Voglio che il giorno di Natale sia memorabile specialmente per gli amici meno fortunati.>>
 L’idea era piaciuta a tutti, tranne che a Peretilla, nipote di primo grado della Befana, in quanto figlia di sua sorella Afàna, neolaureata in ingegneria del maleficio e del malocchio, ma ancora sprovvista dell’abilitazione alla professione malense. Peretilla, doveva il suo nome al rumore simile a una scorreggia che faceva la sua scopa volante quando entrava in azione. Merito di suo cugino Malù, che le aveva truccato il motore, utilizzando pezzi di un noto aspirapolvere e pulisci-materasso tedesco. <<Non se ne parla proprio>> aveva squittito  la ragazza. <<Attendo l’abilitazione proprio per oggi. Ho superato il concorso per titoli ed esami; sono stata per anni in graduatoria a fare la precaria con mille piccole supplenzine, e ora che finalmente mi si darà la patente per la navigazione aerea su scopa volante, ora che mi si attiveranno i poteri… dovrei trasferirli ai rifiuti? Non intendo cominciare la mia carriera regalando i mezzi magici agli straccioni! Ho altre ambizioni per il mio futuro!>>
E così aveva abbandonato la seduta, dietro lo stupore generale.

Manca poco alla mezzanotte, dieci minuti. Marvin è andato a dormire digiuno, ma non riesce a prender sonno dalla fame. Di colpo, si leva dal letto, ha sentito una musica bellissima. Mette la sedia sotto la finestrella e ci sale per vedere meglio la strada. È il polacco muto: sta ballando sui suoi stivali ballerini una polka scatenata: sono stivali magici. Non sembra timido né muto né povero. Ma solo un ballerino felice, circondato da spettatori. I suoi abiti d’argento scintillano sotto la luna.
C’è il bimbo di colore che osserva il balletto: regge in braccio un magnifico coniglio bianco come se fosse suo figlio. L’altro invece gusta pesce da una enorme scatola di latta che potrebbe sfamare un esercito, dato che il cibo non finisce mai, ma ricresce all’istante.
Cinque minuti alla mezzanotte. Di colpo, nel cielo sfreccia una scopa spernacchiante. Peretilla, urlando come un’ossessa, lascia cadere sulla strada polvere di carbon di zucchero nero. Il ballerino perde il baricentro e casca. Il coniglio ridiventa una coscetta morsicata, la scatola di latta si rimpicciolisce e ritorna vuota...
Ma Merlino è giunto, a bordo della scopa volante insieme alla Befana. Tre minuti alla mezzanotte.
Sulla slitta di Babbo Natale, trainata dalle renne, ci sono pure la fata Smemorina, Maga Magò, la Fata Turchina.
Dal cielo cade una polvere  fatata. È una nevicata d’oro e d’argento. La mezzanotte suona, ma non è Natale. Non ancora. Il Bambinello attende per nascere.
Merlino punta il dito, da cui parte un potentissimo fulmine: Peretilla viene risucchiata finendo imprigionata nella pallina di cristallo rossa.
Marvin si volta a guardare il suo albero: le scarpe si sono trasformate in salami, formaggi, torroni e cioccolate. La pallina ha allargato la bocca in una faccina di sorriso. Fuori, il muto ha ripreso a ballare la polka.
È Natale.  Mezzanotte e un minuto: Gesù è nato ora!




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