Rosso Scarlatto Sarnese - Dr Domenico Cassano
È vero il detto: “Il
vaso vuoto fa più rumore.”
William Shakespeare, Enrico V.
Annuccia è un’adolescente che ha congelato la sua vita
affettiva negli sterili rituali di un disturbo alimentare: tra digiuni e
abbuffate, vomiti e condotte autolesive, la ragazza sembra aver annullato ogni
suo desiderio vitale e completamente disperso la propria identità. A nulla,
giovano le amorevoli attenzioni di Carla, mamma perfetta ma alienante e
fusionale né il conforto della famiglia di appartenenza, compatta e perbene,
per quanto tradizionale e bigotta.
In uno scenario surreale, dalle accese tinte rosso scarlatto
- il colore che simboleggia la solitudine- un'avvincente aura di mistero
avvolge i protagonisti della vicenda: tra essi campeggia l'evanescente figura
di Fraccistracci, pietrificata nei sentimenti, chiusa al mondo e a ogni
possibile apertura alla speranza.
Come in un thriller, in un crescendo dal forte
coinvolgimento emotivo, Annuccia riuscirà a ricomporre i frammenti di una
oscura vicenda familiare fatta di malcelate verità, affetti negati e vite
strozzate. Col suo grido disperato rivolto al mondo: “ci sono anch'io. a modo mio”, la fragile adolescente trasformerà l'horror vacui in cui sembra essere precipitata
in uno spazio fertile in cui far germogliare le proprie risposte al sentimento
dell'amore e al significato dell'esistenza. Con la dolcezza e la sensibilità
che le sono proprie, l'autrice ci conduce nei meandri di un universo
adolescenziale sconosciuto a noi adulti. La scrittura è fluente e raffinata,
non estranea, ha gradevoli battute di
spirito; lo stile è toccante, tale da raggiungere momenti di intenso
lirismo, ma a tratti anche sferzante allorquando il lettore è richiamato
all'attenzione e alla riflessione. Nelle vesti di pedagogista, Sonia D'Alessio,
nel rifuggire un'algida e rigida trattatistica medica, fornisce una originale e
convincente chiave di lettura del disagio adolescenziale, restituendo all'arte
quella sublime funzione didattica troppo spesso, poco considerata, se non
talora negata.
Domenico Cassano
UN LIBRO SCRITTO A Più MANI - Norma
D’Alessio, Pediatra, Scrittrice
|
Norma D'Alessio, Pediatra |
C’è la Sonia mamma attenta e indagatrice delle due
figlie (femmine).
C’è la Sonia scrittrice, ormai non più di primo
pelo ed esperta di narrativa per ragazzi, che si spende per ambientare il suo
romanzo nel suo amato paese, Sarno, e nella città più densa d’amore e folklore
del sud Italia, Napoli.
Ne nasce un romanzo ricco di cose e persone.
Nuccia con i suoi rovi dentro, sua madre donna bella e importante (che peso),
il ricordo dolce e struggente della nonna, che pure sarà necessario
rielaborare…
Ci sono poi personaggi felliniani che vengono
dalla strada con le loro tragicomiche grancasse. E vengono non è riferito solo
alle loro origini, ma anche e soprattutto al fatto che sembrano venirti
incontro e addosso. Più di tutti, la Signora Fraccistracci, la sua grazia
evanescente che diventa magia. Con loro empatizzi, dialoghi, vivi e soffri.
Il tempo di un libro e il tempo di ciò che del
libro rimane, che può esser tanto, anche un per sempre.
Un libro di formazione che la dice lunga sulla
realtà adolescenziale, in questa società distratta indifferente liquida, spesso
persino macabra, agli occhi di un giovane che deve costruire presente e futuro
e non trova sufficienti ancoraggi all’orientamento per farlo. Quale presente?
Quale futuro?
In calce, ricordando di essere da 40 anni una
pediatra e di avere molte volte incontrato lungo la sua vita professionale non
solo il disturbo alimentare, la grave crisi adolescenziale, ma il loro germe,
ricordando e sottolineando quanto sia importante per tutti noi (operatori
sanitari, docenti, genitori e nonni e zii e gente comune), intercettarlo,
segnalarlo, curarlo sin dall’inizio, sinché si è in tempo.
norma d.
AMARICORDANZA - Antonio Avigliano, regista e autore
teatrale
1 Antonio Avigliano |
una comunità
fraterna, dal momento che accorcia le distanze e trasmette i pensieri
nell’aria. Ahimè,
non credete a questa unione fra gli uomini! Concependo la libertà
come
moltiplicazione e rapido soddisfacimento dei desideri, gli uomini distorcono la
propria natura
giacché generano in sé stessi molti desideri e abitudini insensati e
sciocchi, molte
sventatissime fantasie. Vivono solo per invidiarsi l’un l’altro, per lussuria
e ostentazione.
Fare pranzi, viaggi, possedere carrozze, gradi e servi che li accudiscano
– si considerano
tutte necessità per le quali vale la pena di sacrificare persino la vita,
l’onore, l’amore
per il prossimo; e gli uomini sono pronti ad ammazzarsi se non riescono
a soddisfare
queste necessità.”
FËDOR MICHAJLOVIČ
DOSTOEVSKIJ
Il
romanzo è molto ben articolato e scritto da Nu’ (interpretata dalla scrittrice
Sonia
D’Alessio).
Il racconto molto avvincente è una sintesi, un misto di generi: teatro del gran
guignol,
giallo noir, affabulazione drammatica.
La
sceneggiatura del racconto rievoca la letteratura e la drammaturgia di Di
Giacomo,
Mastriani,
Bracco, Viviani, Pirandello, Verga, Lorca, Hugo, Dickens, Gay, Dostoevskij, De
Sica/Zavattini,
Moscato, Santanelli, Cappuccio, Ruccello, Silvestri, ecc.
I
prototipi archetipici dei personaggi che popolano il romanzo sono immortalati
nel
teatro
e nel cinema d’autore, napoletano, italiano ed estero.
Una
linea di sangue, il magnetismo animale, conduce la palindroma Anna a Napoli
alla
scoperta
casuale di un mondo metafisico infernale, una corte dei miracoli, mai ottenuti,
abitato
da reietti, rifiuti della società, senza fissa dimora, miserabili,
extracomunitari,
ecc.
Tutti
hanno scelto di nascondersi in questa bolla neutra, orizzontale, che li rende
uguali,
invisibili
e irriconoscibili. Distorti nelle forme come quando si appoggia, a mo’ di
filtro
sugli
occhi, la cartina rossa delle caramelle Rossana.
La
fuga dal mondo sociale li accomuna. Quasimodo nasconde le sue mostruose
fattezze
umane
in Notre Dame, in un luogo sacro. Essi abitano in luoghi della memoria profana
e
della solitudine interiore, vivono e rivivono in gironi degradati e degradanti
del dolore
stagnante:
centri di demolizione, scatole di cartone riciclate, casa dei puzzle
(coriandoli).
Dove c’è ancora il puzzo delle loro storie. Il delitto e il castigo. Il dolore
è
amplificato
dalle torture che tutti si sono inferti con consapevolezza e sadica
partecipazione.
Una tortura fisica e psicologica spietata, distruttiva. Il cilicio deve
colpire
continuamente senza sosta, lacerare la carne e lo spirito, rinchiusi
nell’ergastolo
dell’esistenza
perduta.
Tutti
i personaggi di questo circo dell’orrore, vestito di pezze americane o di
rifiuti di
scarto,
viene spettacolarizzato, per gli avventori, i curiosi avventori di strada.
Gli
stessi che li guardano senza provare vergogna. Gli stessi che li hanno
emarginati,
scacciati,
contrassegnati con lo stigma, prevenzione e profilassi della disinclusione
chirurgica.
Nuccia
è una bella ragazza appartenente alla media borghesia sarnese. Ѐ il prototipo
di
una nicchia generazionale della nostra società moderna in corsa spasmodica
verso
traguardi
di consuma per lo più fatti di nulla.
La
minorenne, sofferente e provata da un mondo a lei distante, stenta a trovare
una
collocazione
libera e naturale. Il sistema omologante del deep state regnante la
opprime.
Nella
famiglia di appartenenza regna il malessere dell’incomunicabilità e del
fallimento
dei
presupposti d’origine. Una famiglia monca e attenta esclusivamente ai luoghi
comuni
sociali e scientifici, secerne ai suoi danni una tossicità relazionale che la
induce
a
scappare, a evadere le premure di una madre bella, giovanile, in carriera,
ambita
oggetto
di desiderio maschile. Nuccia (Medea al contrario) non nasconde di essere
tentata
barbaramente dal “complesso sanguinario di Elettra" che uccise la madre. I
rapporti
tossici coniugali hanno costretto il padre a fuggire e a dileguarsi per sempre.
Non
ce l’ha con la madre per questo motivo. Ma è una situazione che ha privato,
giocoforza,
il suo eros filiale delle attenzioni del padre che avrebbe potuto amare al di
sopra
di ogni cosa.
L’atmosfera
rarefatta del thriller mette a nudo l’odio e il disamore che mutano il suo
profilo
esistenziale di donna contro. Essere o apparire? - teorizzò Fromm.
Nuccia
non riesce a essere quella che sente di essere nel suo profondo agitato.
Si
ammala e per reazione sceglie di diventare aguzzina efferata di sé stessa. Il
cavaliere
gioca
a scacchi con la morte nel film crudele di Bergman. Lei gioca al massacro con i
suoi
demoni distruttori.
Si
fa possedere dal demone della bulimia, evoca i demoni dell’anoressia e
dell’autolesionismo.
Li invita a consumare lo schifoso pasto, a vampirizzarla.
La
sua danza, un bolero macabro, incalzante, masochista, alterna tutte le varianti
della
cannibalizzazione.
Si
riserva, però, ogni volta che il rischio potrebbe diventare mortale, l’accesso
mirato a
un’uscita
di sicurezza. Sarebbe facile sopprimersi come un suicida per non soffrire più.
Neanche
Gaber protende per questa soluzione codarda e insensata.
Lei
con il suo martirio è pronta per entrare nella corte dei miracoli, dove
l’agonia della
pena
è un requisito da abbracciare prima di annullarsi definitivamente sul Golgota
del
sacrificio
liberatorio. Prima la metamorfosi dello specchio, la cartina al tornasole del
processo
di cambiamento in peggio, poi tutto il resto.
L’incontro
con la Corte dei Miracoli a Napoli non è stato citato a caso e non avviene per
puro
caso.
La
forza attrazionale della predestinazione la porta lì. Una sortita per svagare
con la
testa
e si ritrova nella Napoli esoterica e magica, dove tutto è metabolizzato con
spirito
di
adattamento e resilienza. Un qualcosa di ignoto congiunge la tratta
ferroviaria:
Sarno/Napoli.
In
quell’Amarcord, fra quelle entità museali, fantasmi di vite dismesse, in quella
cornice
di
rievocazione quotidiana permanente è spettatrice coinvolta da una pièce di
teatro
della
crudeltà e dell’assurdo, genere tanto caro ad Artaud e a Vian.
Fra
i freaks esposti nella drammatizzazione quotidiana (scherzi umani del degrado
sociale),
Nuccia riconosce nella ballerina Mentina (in arte Fraccistracci) qualcosa al
momento
di criptico, ma che nel medesimo istante le agita il sangue che lei butta nel
water.
Inizia
a frequentare questa donna magica per capire il perché di quella attrazione
ultradimensionale,
del fascino che le provoca senza sapere il perchè.
Attraverso
di lei, Anna conosce tutti gli attori di quel mondo invisibile.
Le
storie di fallimento esistenziale portano i nomi propri di tutta quella fauna
del dolore
represso,
sbocciati nella giungla spinosa dei fiori del male.
Il
detective con i piccoli elementi a disposizione, inizia pazientemente a
sciogliere la
matassa
ingarbugliata che incatena la vita ibernata di Mentina.
Quel
fantasma poetico che balla con la grazia dell’artista non le è nuovo. Dove
l’avrà
visto?
I fili rossi iniziano a collegarsi con il cappello rosso (autobiografico). Il
rosso
passione
è il colore dell’intero romanzo.
La
storia inizia così, a piccoli passi, a prendere corpo, i luoghi del racconto si
manifestano
materialmente.
Il
primo sigillo è aperto.
A
Sarno è la memoria della tragedia umana vissuta da Mentina. Nella casa
misteriosa
dei
coriandoli.
Lì
tutto è rimasto al suo posto, il bandolo nascosto della matassa è da ricercarsi
nella
polvere
di quelle memorie dormienti.
Le
foto, le lettere, i coriandoli ricomposti con pazienza certosina iniziano a
raccontarsi
e
a offrire dettagli precisi e risuonanti. Fraccistracci e non solo lei è
famiglia. Il velo di
Maya
viene rimosso nel rispetto della verità nascosta.
Lei,
l’artista ballerina, fu allontanata da Sarno per mitigare, obnubilare lo
scandalo e la
vergogna.
Sarno è un paese parlone che non dimentica e alla prima occasione utile
trova
sempre occasione per buttare benzina sul fuoco.
Un
po’ dappertutto è così. Nei paesi del sud la mentalità in gran parte arretrata,
l’intolleranza,
il bigottismo medievale, la mancanza di apertura al nuovo, alle scelte
individuali,
all’esercizio del libero arbitrio, il rifiuto ad assoggettarsi ai principi di
omologazione
massiva… sono ancora temi sensibili, oggetto di inquisizione e condanna
in
cassazione.
Mentina
sceglie di non mentire, di condividere l’affetto ritenuto proibito di una
cugina
sfortunata
e in cerca di amore. Sceglie di rivestire il ruolo di madre e padre di un
figlio
mutuato,
meritevole di avere una famiglia.
Questo
falso moralismo, becero, nutrito dalla famiglia causa uno tzunami nel cuore
avverso
di Anna. Un ulteriore motivo di idiosincrasia, ripugnanza nei confronti della
madre,
bellissima e vuota di sostanza, rea del maledetto destino della zia, vittima
innocente
nel cuore.
L’atmosfera
di thriller contro la madre è irrespirabile. Nuccia, allora, decide di aiutare
la
zia,
lei che ha molto più bisogno della stessa Mentina di far luce sulla propria
vita e a
guarirla
dalle insoddisfazioni, dalla tossicodipendenza invasiva e terminale.
Senza
le ragioni intrinseche del paradosso, che lei incarna e vive sulla sua pelle
dilaniata,
non potrebbe capire l’entità sensibile e la profondità di quel dramma
familiare,
i motivi che hanno indotto Ronaldo a rifugiarsi nel vino e le altre sacrosante
ragioni
degli altri sventurati, traditi mutaforma della corte dei miracoli di Napoli.
I
fili rossi vanno disposti e letti con accuratezza, i coriandoli del cuore
palpitanti amori,
poesia
e debolezze, vanno messi in ordine decifrabile.
Le
metafore legate ai papaveri rossi e ai garofani rossi sbiadiscono di colore.
Non hanno
più
lo stesso valore di un tempo. Non tutto è oro colato come sembra. La moneta ha
due
facce non una. Tutti abbiamo difetti di costruzione, anche i mentori più
affidabili.
Il
matriarcato della nonna amorevole: “So’ matre e so’ padrona, aggio tuorto e
voglio
raggione!”,
tinge di noir la vicenda e la esilia senza la benché minima esitazione.
Bernarda
Alba di Garcia Lorca, fa lo stesso con le figlie. Le obbliga alla sottomissione
matriarcale
e all’obbedienza conventuale. Se fosse ancora viva, cosa penserebbe
Nonna
Lena di sua nipote Annetta e delle sue tendenze? Sarebbe clemente? Chi nasce
quadro
non può morire tondo.
Il
nucleo familiare della vergogna, fugge di notte.
Ma
poi che sarà successo? Lo specchio si rompe, non è più il momento di guardarsi.
Le
priorità
sono altre. Dove è finito il futuro di quelle due donne vessate e tradite dalla
vita?
Sullo
sfondo la piovra tentacolare incombe. Droga, sesso, prostituzione, sfruttamento
dei
minori e lavoro nero, estorsioni, furti, appropriazione indebita, violenza di
genere,
prevaricazione,
sporchi affari.
Napoli
racconta il bello e il brutto. Napoli si guarda, anche nello specchio
meraviglioso
e
bello di Marechiaro, di Posillipo. Anna si specchia in quel mare di poesia dove
gli
innamorati
cantano i versi immortali di Di Giacomo. La Napoli di Lassammo fa a Dio.
Quella
di Don Salvatore, Russo, Bovio, Viviani è un misto di rosa e nero. La mappata
dei
pezzenti
va in Paradiso e resta lì per godere del metadono (il dono nel dono) ricevuto
dal
buon Dio. Tranne una donna. Una madre che non può rinunciare al dono lo ha in
terra.
E’ obbligata a ritornare a Napoli, richiamata dal pianto del figlio. Il piccolo
indifeso
crede
di essere stato abbandonato in attesa che qualcuno lo lasci nella ruota degli
esposti.
Lei, la donna della Corte dei Miracoli: l’extracomunitaria che con regale
dignità
porta
con sé un figlio riposto in un fazzoletto attaccato al collo.Ѐlei l’omologo di
Nanninella ‘a
pezzente: “ Ninno !
Ninno !
Sto ccà!... Mamma è
turnata!... -
E 'a porta, mez'
aperta e meza nchiusa,
'e nu vascio vuttaie
cu na spallata.
Trasette 'e furia.
Currette addó steva
nu piccerillo dint'
a nu spurtone...
S' acalaie... Chillo
povero guaglione
c' appena appena
teneva nu mese,
sennuzziava, cu 'e
manelle stese...
Nanninella 'a
pezzente
ll' arravugliaie
dint' a nu sciallo viecchio
s'o pigliaie mbraccia
s'o strignette mpietto
e dint' 'o chiaro 'e
luna
e asciuttannose ll'
uocchie a 'o mantesino
lle dette latte - e
s' 'addurmette nzino...”.
Il
figlio ritrovato di Lia è il solo a mancare all’appello. Un tossicodipendente
sarnese
della
peggiore specie, un essere violento, un ladro, un cappio da forca… un trans
costretto
a prostituirsi per necessità e per ridursi alla fine totale, alla pena di morte
già
scritta
nel suo karma di espiazione.
I
coriandoli della zia lo hanno raggiunto. Il bandolo della sua storia rivelata
lo sopprime.
Il
figlio si ricongiunge con la madre abbandonata. Il cerchio si chiude. La Corte
dei
Miracoli
lo abbraccia insieme alla famiglia finalmente assolta da Anna. L’ultimo
abbraccio
con Mentina le ridà l’anima che aveva venduta. Gliela ridà guarita. La madre,
il
giudice, una vittima incolpevole. La Pace torna dopo una guerra che ha
provocato
morti
e feriti da ambo le parti.
La
casa dei coriandoli ha vomitato tutti i suoi segreti. Ha scacciato tutti i suoi
demoni
affamati
di odio e rancore. Dio esiste dentro di noi. L’inganno è cercarlo fuori.
Mentina
ritorna a Napoli nel suo rifugio, nella riserva protetta degli invisibili. In
assenza
di
quella, Pirandello l’avrebbe ospitata fra gli “scalognati” (I giganti della
montagna). Si
ammala
gravemente. Ciononostante è pronta a raccogliere le ultime forze del cuore
per
offrire a Lia il suo ultimo balletto poetico, sotto una pioggia incessante di
coriandoli
e
acqua purificatrice. Quei coriandoli resteranno per entrambe un segreto. Un
segreto
inviolabile
ed eterno.
Ballare
sotto la pioggia è un momento sacro di gratitudine profonda, di crescita e
rinascita
spirituale. Il dolore rende capace di metabolizzare i mali devastanti della
vita,
di
superarli con dignità e coraggio. Apre le porte della salvezza. Scrivere una
lettera,
leggerla
e poi ridurla in coriandoli o bruciarla è una tecnica comunicativa esoterica
che
permette
allo scrivente di scusarsi, ammettere le proprie colpe, far pace con sé stesso
e
gli altri. Ѐ in uso ancora oggi spedire, via etere, i contenuti un di proprio
sentire intimo
in
continua evoluzione.
Il
messaggio cristico sigilla il romanzo. Nuccia, liberata dalle catene mette la
sua vita a
disposizione
dei vinti del circo, della Corte dei Miracoli, di quelli che non recano male
a
nessuno. Fiat lux: i fili rossi sono ora tutti allineati di fronte al cappello
rosso. La
misericordia
di Dio, la provvidenza hanno avuto la meglio su tutti i pregiudizi e le
negazioni.
Non si vive di solo pane. I miracoli avvengono. “Ama il prossimo come te
stesso”
- disse una volta un Uomo che fu tradito e pagò con il sacrificio, per le cose
che
disse
agli uomini di buona volontà che scelsero di seguirlo.
Mi
congratulo con l’autrice del romanzo Sonia D’Alessio. Dal romanzo emergono una
miriade
di argomenti di grande importanza.
Le
devianze un tempo erano le trappole in cui restavano catturati i più fragili.
Oggi la fragilità sociale ha più
facce. Tutti siamo a rischio. Il male del secolo si presenta
sotto le forme di un kraken mostruoso
e tentacolare.
La bulimia e l’anoressia,
l’autolesionismo sono malattia autoimmuni.
La soglia di attenzione va innalzata,
vanno curate le cause sociali e patologiche.
Le cause rimosse non produrranno più
gli effetti indesiderati.
Il romanzo si sofferma volutamente su
Sarno, sulla cultura autoctona, le risorse naturali,
la storia, le tradizioni sarnesi. La
scrittrice dichiara il proprio amore per il paese nativo
dando il massimo del risalto allo
spirito d’identità e appartenenza e la sua naturale
corrispondenza d’amorosi sensi con le
radici del proprio Essere, seme d’amore in seno
alla prospera Magna Mater.
La scelta di Napoli quale set
credibile, magico, esclusivo è intelligentissima.
Una corte dei miracoli in territorio
sarnese avrebbe banalizzato i personaggi delle storie
raccontate con garbo e maestria.
Fraccistracci è la nobile Giselle, infelice, tradita dalla
vita. La vedette assoluta, il primo
numero, quello più applaudito della compagnia d’arte
della Gran Corte dei Miracoli.
23/08/24
Un libro formativo - Felicia
Crescenzi, Docente
Prof.
Felicia Crescenzi
Da quando insegno, non c'è film o libro
che non mi faccia pensare "sarebbe formativo per i miei ragazzi?".
Questo romanzo sicuramente lo è. "Anamia" è strettamente collegato
alle emozioni: le stesse emozioni che prima ti spingono negli abissi più
profondi e poi, se gestite e indirizzate diversamente, sono in grado di
salvarti. Il tema dei disturbi alimentari, problematica che colpisce in larga
misura gli adolescenti (come Nuccia, la protagonista del romanzo) e della quale
non si parla abbastanza nelle scuole, è trattato con accuratezza scientifica e
attenzione minuziosa, segno di grande ricerca e studio da parte dell'autrice.
Le descrizioni di luoghi e protagonisti ti trasportano nel momento esatto della
narrazione, creando empatia e familiarità con i personaggi: ci sono gli esclusi
dalla società e quelli che la società hanno scelto di escluderla, ci sono i
fragili e i "forti" che celano le proprie fragilità, ci sono quelli
che abbracciano la vita e quelli che la vita la rifiutano. La trama è lineare
ma non banale, svelando luci e ombre dell'animo umano e non inseguendo il
"lieto fine a tutti i costi".
Un libro dove "le solitudini si
fanno moltitudini".
Prof. Felicia Crescenzi
Anamìa. Dalla Bulimia alla luce
- C. F. Docente Counselor
Ho letto il libro con due clausole autoimposte:
leggere con distanziatore emotivo e rimanere entro il solco del genere
letterario del romanzo.
L'impegno è stato quello di ascoltare quanto
l'Autrice passava attraverso la sua narrazione.
Il contenuto del libro è deducibile già dal
titolo, Anamìa, Dalla Bulimia alla luce. Anamìa potrebbe essere una
sincrasi tra il termine gergale con cui si definisce una persona con DCA
(Disturbo del Comportamento Alimentare), e mia di bulimia. Ma potrebbe anche
essere una rinominazione di Anna, Annetta, Nuccia per gli intimi e Nu’ in un
botto di tenerezza. Mia, invece, è il grido di Anna che, vomitando la vita che
non vuole, si partorisce nel travaglio purificatore dell'Amore, l'Amore che
desidera e sogna.
Ogni espressione che sigilla le esperienze di
vita dei protagonisti è un intaglio letterario, abilmente operato dall'Autrice
per rendere viva, nella fedeltà descrittiva, l'esistenza di questa fetta di
umanità emarginata e confinata nelle frange periferiche del degrado - come da
copione della cultura ufficiale.
Il libro anima colori, suoni, mono-toni, ragnatele
tessute dal tempo e dall'abbandono.
Esistenze, quelle dei protagonisti, annegate
nell'humus acido di una cultura che non registra i sussulti dei cuori che
chiedono Amore. Amore senza infingimenti, senza protocolli normativi, senza
poliziesche, ispezioni di genere.
Ho letto il libro in poco tempo, ore. Ogni
capitolo – trentacinque - mi sembrava esprimesse il focus della trama. No, ogni
persona dei singoli capitoli era esaltata nella singolarità della sua storia e
nella densità della sofferenza inarrendevole che sfida la vita, sostenuta da un
altro, altri “miserabili” ma Sognatori.
Non è stato facile seguire la montata tossica di tante
esistenze ai margini di una società che ha scelto la selezione rigorosa per
accelerate, scalate del “successo ad ogni costo”, imponendo l'intransigente
“spirito geometrico”: taglie, livelli di intelligenza, paradigmi carrieristici.
L'Autrice cattura il lettore con un linguaggio
evocativo di desideri traditi e sogni violentati nella eterna lotta tra
identità libera e conformismo, tra libertà e paura, tra bisogno di
riconoscimento accogliente e accettazione della emarginante solitudine.
L'Autrice, come dichiara nella nota iniziale del
libro, non ha scelto di studiare, capire la patologia. Ha voluto contattare il
cuore, la storia, il tempo, la trama esistenziale di Nuccia,
Clementina/Fraccistracci, Umberto, il professore Mimì, Fadiour, Sharif,
Taralluccio e Tic Baracca, insieme ai suoi cagnolini Birillo e Charlie.
L'Autrice, attraverso l'intreccio di tante esistenze,
riaccosta la tragedia greca e la compassione cristiana.
In tanto dolore coglie, narrando la storia dei
personaggi, il bisogno d'Amore - l'inestinguibile energia di vita - che cambia
l'esistenza di Nuccia e Davide, ma anche la vita di Carla, mamma di Nuccia.
L'Amore redentivo ha riscaldato il congedo dalla vita di Fraccistracci.
Chi sono stati i trasformatori
rigeneranti di questi giovani? Sono stati adulti che nel dolore e nella
disperazione hanno saputo attivare l'accoglienza del cuore, l'accettazione
incondizionata di ciascuno per come è, senza banchi di tribunali, sentenze
penalizzanti e case circondariali.
Lo stile narrativo obbedisce ad un'esigenza
rappresentativa della realtà insieme ad una carezza di sguardo. Uno sguardo,
quello di Sonia, che registra la sofferenza e la traduce in parole e slancio di
vita nuova.
Il libro, con i suoi diversi toni ed espressioni
narrative, non fa sconti alla crudezza del dolore dei giovani, ma nel contempo
diventa irradiante luce di novità di vita elicitata dall'Amore.
Alla fine del romanzo, infatti, Nuccia e Davide
decidono di impegnarsi a condividere e alleviare il disagio dei poveri che
vanno alla mensa della solidarietà.
Grazie, cara Sonia, per aver strutturato una storia,
tante storie, dove rispunta la luce dell'Amore nei cuori dei giovani. L'Amore
vince sempre sulla cultura di morte.
Il libro può essere un esemplificativo espediente
provocatorio, pedagogico, per un dialogo intergenerazionale- dialogo pur sempre
conflittuale - per cominciare a gestazionare una civiltà nuova, in questo tempo
di cambiamento d'epoca, che sta disegnando una qualità di esistenza inedita. In
questa cultura, segnata dalla Complessità (E. Morin), che rende più spinosa
ogni scelta, viene invocato il principio di Semplessità (A. Berthoz). Perché
l'uomo ritrovi una nuova pista di riconoscimento personale e perché
l'inclusione e l'accettazione di ciascuno siano comportamenti del vivere
sociale, occorre che ciascuno compia lo sforzo di capire le ragioni, i sogni, i
desideri dell'altro, partendo dalla assunzione consapevole della condizione di
“mancanza” (J. Lacan) e dalla tensione verso una progressiva esplorazione di
quella energia spirituale che è l'Amore, e che solo la consapevolezza del
limite, affossato dall' Iolatria (J. Lacan), può aprire il soggetto al
riconoscimento dell'altro, trasformando così l'esistenza in un cammino verso la
Luce, la Gioia e l'Armonia cosmica.
L'Autrice, con un linguaggio cromatico, declina
le emozioni censurate e travolte da imperativi sociali. Con vivacità
descrittiva, dettaglia e anima la “vita degli esclusi”, di trasparenti
esistenze, dense di dolore e di cuore.
Una docente Counselor
UN ROMANZO RICCO DI SPUNTI PEDAGOGICI
– Una madre in pena
Cara
Sonia D’Alessio,
sono
la madre di una ragazza che, come la protagonista del suo romanzo, sta
combattendo con l'anoressia e la bulimia. Ho appena terminato di leggere il suo
libro e non riesco a trattenere l'emozione nel rivolgermi a lei con questa
lettera.
La
storia che ha raccontato ha toccato corde profonde nel mio cuore. Attraverso le
pagine del suo romanzo, ho ritrovato la mia bambina, le sue paure, il suo
dolore, ma anche la speranza che spesso fatico a vedere nei suoi occhi. Lei ha
saputo dare voce a quel mondo interiore, così complesso e fragile, che spesso
rimane nascosto e incomprensibile, persino per chi ama profondamente.
La
sua capacità di raccontare con delicatezza, ma anche con grande verità, il
percorso di guarigione della protagonista, mi ha dato nuova forza e fiducia.
Lei è riuscita a mostrare come l'amore, la pietà, l'empatia e la solidarietà
possano essere fari in grado di guidare fuori dal buio più profondo. Mi ha
fatto riflettere su quanto sia importante non perdere mai la speranza e su
quanto l'apertura verso gli altri possa essere un passo fondamentale verso la
guarigione.
Vorrei
ringraziarla dal profondo del cuore per aver scritto un romanzo così ricco di
sensibilità e spunti pedagogici. Non solo mi ha permesso di comprendere meglio
il percorso che mia figlia sta affrontando, ma mi ha anche offerto una nuova prospettiva
su come posso esserle accanto nel modo più utile e amorevole possibile.
La
sua opera non è solo un racconto, ma una guida che ci mostra come l'amore, in
tutte le sue forme, sia davvero la chiave per superare le avversità più grandi.
Sono convinta che il suo libro possa essere di grande aiuto a tante altre
famiglie che, come la mia, si trovano a vivere situazioni difficili e spesso
disperate.
La
ringrazio per aver condiviso questa storia con il mondo. Spero che continui a
scrivere, perché abbiamo bisogno di autori come lei, capaci di illuminare le
ombre con la luce della comprensione e dell'amore.
Con
sincera gratitudine,
A.L.,
una mamma in pena
Un carosello
felliniano di emozioni.
Di Luca S.
La narrazione è
avvincente e ti trascina in un vortice di emozioni, proprio come farebbe un
grande film. È raro trovare un libro che riesca a combinare una trama così
avvincente con una caratterizzazione così ricca. "Anamia" non si
limita a raccontare una storia, ma ti immerge in un mondo vibrante e reale,
lasciandoti con il desiderio di rimanerci ancora un po'.
Se amate le storie che vi
fanno sentire come se foste al cinema, questo libro è assolutamente da leggere.
Sonia D'Alessio ha creato qualcosa di davvero speciale.
Luca S., 24 Agosto
L’Amore ci può salvare.
Di Annalisa D’Alessio
Di Annalisa
D’Alessio
Anamìa. Dalla bulimia alla luce.
Di Gaetano Panella,
imprenditore
L'introduzione del libro, un atto d’amore verso le
storie non raccontate, si apre con una riflessione che è già un inno alla
vulnerabilità. L’ispirazione tratta dalla musica di De Andrè, con il suo
straziante richiamo all'amore perduto, rappresenta il filo conduttore di
un’opera che è, in fin dei conti, una lettera d'amore indirizzata a chi lotta
in silenzio. L'autrice ci invita a metterci in ascolto, a sintonizzarci con le
note di una melodia che riecheggia i battiti del cuore di Nuccia, una ragazza
che vive il dolore dell’anoressia, della bulimia e dell'autolesionismo.
Questa opera è un invito alla riflessione, non solo
per i giovani, ma anche per gli adulti, per coloro che spesso si trovano
incapaci di comprendere il mondo interiore dei ragazzi. La scrittura dell'autrice
è un ponte che avvicina generazioni, sfidando le barriere del "non
capisco" e aprendo un dialogo necessario.
In conclusione,
"Anamìa" è un libro che merita di essere letto e discusso, un'opera
che stimola emozioni profonde e invita a esplorare il disagio giovanile con
sensibilità e rispetto. Attraverso Nuccia, l’autrice ci ricorda che il dolore,
sebbene isolante, può anche essere un insegnamento prezioso e che, alla fine,
la vera salvezza può trovarsi nell’accettazione e nell'amore reciproco. In un mondo
che spesso sembra dimenticare i suoi giovani, questo romanzo rappresenta una
luce, una speranza e un richiamo all'umanità.
DA
LEGGERE
Di Franz A.
"Anamìa" di Sonia D’Alessio è un viaggio
emozionante tra Sarno e Napoli, luoghi che diventano protagonisti al pari dei
personaggi. L'autrice dipinge con maestria queste due realtà, facendoci sentire
il contrasto tra la tranquilla provincia di Sarno e la vivacità caotica di
Napoli. Le descrizioni sono così vivide che sembra di passeggiare per le strade
di queste città, respirando l'aria carica di storia e di emozioni. La
narrazione intreccia la lotta interiore della protagonista con l'energia dei
luoghi, rendendo il romanzo un'esperienza immersiva e coinvolgente. Un omaggio
appassionato a una terra ricca di contrasti e di bellezza.
UN
BEL FINALE
Di Maria Holovetska
"Anamìa" di Sonia
D’Alessio è un romanzo che ti tiene incollato fino all'ultima pagina,
culminando in un finale che è tanto sorprendente quanto potente. L'autrice riesce
a chiudere la storia di Nuccia con un epilogo che lascia il segno, offrendo una
conclusione intensa e soddisfacente che rimane a lungo nella mente del lettore.
La capacità di D’Alessio di intrecciare le trame emotive con un finale così
incisivo rende questo libro una lettura imperdibile. Un finale che celebra la
forza dell’animo umano e la complessità delle scelte di vita.
DA LEGGERE…LO CONSIGLIO.
Alida S., acquirente
Amazon
Alida,
17 Agosto 2024
PROFONDO E COINVOLGENTE.
Di Ines S.
Anamia di Sonia D'Alessio è un
libro che mi ha colpito nel profondo. Ho apprezzato la capacità dell'autrice di
esplorare l'animo umano con una tale sensibilità. La scrittura è intensa e
poetica, e i personaggi sono così realistici da farti sentire ogni loro emozione.
È una lettura che lascia il segno. Un libro che consiglio vivamente a chi cerca
qualcosa di più di una semplice storia. Cinque stelle meritate!
TI FA CRESCERE.
Emilio
Ho appena finito di leggere questo romanzo e sono
rimasto profondamente colpito dalla storia di Nuccia. L'autrice riesce a
descrivere con grande sensibilità il percorso di un'adolescente che, da uno
stato di apatia e distacco emotivo, si trasforma grazie a incontri inaspettati
e toccanti. La lotta di Nuccia contro i suoi disturbi alimentari e la scoperta
di sentimenti come la pietà e la solidarietà mi hanno coinvolto in un modo che
non mi aspettavo. È una lettura che invita alla riflessione sulla complessità
delle emozioni e sulla potenza del cambiamento interiore. Un romanzo che consiglio
vivamente.
DAVVERO MOLTO BELLO
Francesco B.
Uno scritto davvero coinvolgente, profondo che tocca,
con grande maestria, un tema delicatissimo e di grande attualità. Grande Sonia D'Alessio,
autrice eccezionale.
LIBRO LETTO TUTTO D’UN FIATO.
Francesco P.
Sommario
Rosso Scarlatto Sarnese - Dr Domenico
Cassano
UN LIBRO SCRITTO A Più MANI - Norma
D’Alessio, Pediatra, Scrittrice
AMARICORDANZA - Antonio Avigliano, regista
e autore teatrale
Un libro formativo - Felicia Crescenzi, Docente
Anamìa. Dalla Bulimia alla luce - C.
F. Docente Counselor
UN ROMANZO RICCO DI SPUNTI PEDAGOGICI –
Una madre in pena
Un
carosello felliniano di emozioni.
Anamìa.
Dalla bulimia alla luce.
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