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mercoledì 29 agosto 2012

RECENSIONE AL MIO ROMANZO - Un libro con dentro il seme della poesia

http://ilmiolibro.kataweb.it/reader_dettaglio_recensione.asp?id_recensione=4025
di RENATO FIORITO, Presidente del premio internazionale di poesia e narrativa Don Luigi Di Liegro
 
Ci sono poesie che sono solo prosa sgrammaticata e scadente, nonostante l’affannarsi degli autori ad andare a capo prima che finisca il rigo, e c’è invece prosa che coltiva il seme della poesia, nascondendola nel pulsare dei sentimenti, nella ricchezza delle similitudini, nella dolcezza dei ricordi che fanno irruzione con delicata sensibilità. Questo è il caso di Sonia D’Alessio e dei suoi ricordi, impastati di carne e d’amore e vicini allo spirito dei luoghi e delle persone. Io che sono napoletano posso garantire che ogni frase è aderente alla sensibilità delle comunità campane di anni fa, che il dialetto è quello vero, testimonianza e trasfigurazione di un mondo che non è stato mai superato del tutto. Un affresco che è a volte dramma, a volte divertimento e sogno di storie tramandate di generazione in generazione. E queste storie sono i cardini su cui si snoda il racconto, detto sottovoce, come parlando ad un amico. Tuttavia Sonia, senza nulla inventare, vi aggiunge quel di più di raffinatezza e di poesia che ha coltivato dentro di sé perché, come lei stessa dice: “ dobbiamo avere in famiglia ghiandole che producono storie “.E poi c’è un mondo rutilante, a volte eccessivo, per l’ansia di raccontare e la voglia di amare: mogli, amanti, tradimenti, vicinanza ai discriminati: siano essi omosessuali o, per altro verso, zingari e africani. E infine c’è il dramma che piega una famiglia, le storie del terremoto e delle mani criminali sulla ricostruzione, e poi l’amore per Maya che supera tutte le prove della vita e che registra pagine di pura poesia, e infine l’alluvione di Sarno, con il suo carico di distruzione e di morte, raccontato in maniera aderente alla realtà come il reportage di una giornalista d’eccezione che vede i suoi cari, i suoi amici, trascinati via da un fiume reso assassino dall’incuria dell’uomo.

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