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domenica 18 dicembre 2016

TI VOGLIO BENE



Avete 26 e 25 anni. se penso a questi anni trascorsi insieme mi accorgo di quanto mi abbiate arricchita: rivedo il mio pancione, il tallone di Isabella che si muoveva, lo si vedeva a fior di pelle e faceva ridere tutti, e capisco che è come se quel pancione fosse rimasto per sempre pieno: la maternità è qualcosa che ti nutre per sempre, è emozione, ricordi magici, respiro di gratitudine verso la vita, è il pezzo più importante della tua storia. Mi rivedo a cantarvi la ninna, il capezzolo in bocca, quel grondare assurdo di latte a fontana, …a cucirvi i vestitini di carnevale, a prepararvi megafeste di compleanno con le mie torte meravigliose, rivedo le lunghe vacanze al mare a Diamante, i vostri apprendimenti: la letto-scrittura, il nuoto, il pianoforte. Isotta com’era emozionante vederti in piscina, o imparare l’uncinetto con la tua professoressa Anna! Quando penso che ci sono persone che i loro ultimi venti anni non li hanno riempiti con nulla d’importante, nulla che resti davvero, che disseti l’anima, un filo di arianna per avere sempre una bussola, l'orientamento… capisco quale sia il senso della vita. E se poi penso che mentre facevo la mamma mi nutrivo pure d’altro, allora pure oggi – come faccio ogni giorno- voglio ringraziare il cielo. I miei interessi culturali, la mia mente vivace e curiosa, un lavoro che amo e che mi ha dato la possibilità di essere indipendente a 22 anni nel mio paese, in questo paese!!, sono doni. Non sono figlia di ricchi professionisti, vengo da una famiglia numerosa e abbastanza povera, ho perso i genitori, abito in un paese che ti pone molti ostacoli: non ho avuto facilitazioni!! E ancora oggi mi è così difficile trovare persone con cui uscire, avere un dialogo mentale arricchente, condividere qualcosa, avere dove andare… qui non c’è niente. E allora meno male che ho un mondo interiore invece ricchissimo, profondo, fatto di ricordi preziosi filtrati da una fanciullina pascoliana. Meno male che ho imparato a perdonare, in primis me stessa.
“Ho capito che si possono curare le ferite solo quando hai il coraggio di perdonarti, di comprendere la natura fragile e complicata degli esseri umani. Ho aspettato tutta la vita di sentir dire “Ti voglio bene” dalla mia stessa voce, dal mio cuore a me, per comprendere finalmente che non possiamo ricevere amore dagli altri se non ne abbiamo prima ricevuto da noi stessi. Ho appreso che il dolore per la perdita di una persona cara ci pone impietosamente di fronte a noi stessi: tracci il bilancio della tua vita e vai alla riscoperta dei valori essenziali che ne sono guida. Ora so che dobbiamo scavare nel dolore con coraggio per superare le pungenti spine della mente” (dal mio romanzo LASCIA CHE SIA). Grazie, vita!

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